Duomo di Cosenza
«Splendida di sole e festante di popolo dovette apparire a Federico imperatore Cosenza, la vecchia capitale Bruzia, in quel lontano 30 gennaio 1222. La chiara e verde vallata del Crati, che si stende a vista d’occhio fino alle lontane propaggini ionie della Sila boscosa, risuono in quel giorno di lieti canti e dell’allegro suono delle campane che salutavano il potente imperatore svevo…». Umberto Chierici
Il Duomo di Cosenza venne edificato a seguito del terremoto del 1184.
Dedicato a Santa Maria Assunta subì, nel corso degli anni, diversi rifacimenti che comportarono mutamenti stilistici e ampliamenti strutturali. I lavori di ricostruzione, affidati al vescovo Luca Campano (già abate della Sambucina, amico e biografo di Gioacchino da Fiore), furono completati il 30 gennaio del 1222 quando venne consacrato dal cardinale vescovo di Frascati, Nicola de’ Chiaromonti, alla presenza dell’imperatore Federico II che, secondo la tradizione, per l’occasione l’omaggiò con “una reliquia del legno della Croce custodita in una croce aureogemmata”, la Stauroteca. La Stauroteca (o Croce bizantina o Croce di Federico), è un manufatto prodotto alla fine del XII secolo dall’opificio normanno di Palermo, conservato nel Museo Diocesano di Cosenza.
A distanza di Ottocento anni, continuano a riaffiorare opere: in particolare un affresco e una sinopia (disegno originale dell’affresco della Madonna posta dietro l’altare) ancora in fase di studio e di restauro ad opera del Corso di Laurea in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali dell’Università della Calabria.
Il Duomo fu edificato lungo l’antica via consolare Popilia e divenne modello architettonico per numerose chiese parrocchiali del territorio.
La facciata, in stile romanico-gotico-cistercense, è caratterizzata da tre portali in pietra arenaria ad arco ogivale sorretto da esili fasci di colonnine inanellate, dei quali i due laterali sono sormontati da rosoni quadrilobati.
Le influenze neoclassiche dei primi anni dell’Ottocento portarono alla trasformazione della facciata a seguito anche della realizzazione dei contrafforti per motivi statici, utilizzati come base per le statue dei quattro evangelisti. Il rosone centrale, dopo l’eliminazione delle colonnine a raggiera, ha conservato della versione originaria solo la struttura esterna con le sottili colonnine inalveolate.
L’impianto primitivo ha subito nel corso dei secoli vari interventi e rimaneggiamenti. A causa dei gravi sismi subì nuovi interventi di consolidamento nel 1479, nel 1484, nel 1580 e dopo il 1638, quando crollò il campanile. Nel 1587, nell’ambito della ricostruzione del coro, vennero alterate le proporzioni originarie dell’abside e del transetto a croce latina. In seguito, nella seconda metà del XVIII secolo, l’abate Saverio Ricciulli, durante alcune operazioni di restauro, adattò l’edificio secondo lo stile barocco modificandone la pavimentazione, elementi di alzato (pilastri e pareti), realizzando una volta con lunette, un monumentale altare in marmi policromi e la sagrestia che venne dotata di pregevoli arredi lignei. L’edificio presenta un impianto basilicale a tre navate, con copertura lignea, con otto campate divise da pilastri che sorreggono arcate a tutto sesto. L’edificio conserva anche monumenti sepolcrali, come il cosiddetto sarcofago di Meleagro e quello di Isabella d’Aragona, moglie di Filippo III l’Ardito. Le cappelle interessano prevalentemente la parte sinistra del duomo. Nella cappella della Madonna del Pilerio (secc. XV – XVI) si trova l’icona della Madonna “Galactotrophusa”, che allatta il Bambino, entro una nicchia in marmi policromi sovrastata da una corona retta da angeli, opera questi, di Giuseppe Sammartino. Secondo la tradizione nel 1576 laVergine, invocata dal popolo mediante l’immagine sacra, liberò miracolosamente Cosenza dalla peste divenendone la protettrice. Segue poi la Cappella del SS. Sacramento, antica sede della Confraternita dell’Orazione e Morte (XVI-XVII secc.). Le operazioni di restauro ad opera della Soprintendenza ai Monumenti nel corso del Novecento hanno portato alla luce le strutture murarie, alcuni brani di decorazioni pittoriche delle pareti e del pavimento. Riconsacrato nel 1950, ha avuto risistemato il presbiterio in occasione della visita del Papà Giovanni Paolo II nel 1984 e poi in occasione del Giubileo del 2000.